Toto-presenze 2010 del Consiglio Regionale

Siamo giunti oramai alla fine del 2010 e come di consueto in questo periodo dell’anno è tempo di bilanci. Anche il Consigio Regionale del Piemonte tira le somme del primo anno legislativo del nuovo Consiglio guidato dalla maggioranza di centrodestra. In particolare, durante una conferenza stampa, sono stati rese note le presenze accumulate da ogni Consigliere e Assessore Regionale. Vediamo quindi chi tra gli eletti nella provincia di Cuneo è il più assiduo frequentatore di Palazzo Lascaris e chi merita la “maglia nera” delle assenze (e magari anche un licenziamento come accadrebbe in qualsiasi altro lavoro).

N.B: le sedute del Consiglio sono state 55.

1 posto (ex-aequo)   Giovanni Negro (UdC) e Federico Gregorio (LN): 52

3 posto (altro ex-aequo) Raffaele Costa (PdL) e Mino Taricco (PD): 50

5 posto Fabrizio Biolè (M5S): 48

6 posto Pietro Francesco Toselli (PdL) e Tullio Ponso (IdV): 46

7 posto Claudio Sacchetto (LN): 42

8 posto William Casoni (PdL): 34

9 posto Alberto Cirio (PdL): 32

Da notare che Casoni, Cirio e Sacchetto sono Assessori Regionali (se questo fosse in qualche modo una scusante).

Complimenti quindi a Negro e Gregorio che vincono la “Poltroncina d’oro” 2010. Menzione speciale a Costa che, nonostante i 74 anni è praticamente onnipresente. “Poltrona nera” invece a Alberto Cirio, assente al 42 % delle sedute Consiliari.

Parentopoli-Piemonte: la giunta Cota piazza i parenti in Regione

La giunta Cota tiene famiglia. E fa di tutto per piazzarla in Regione. Senza escludere nessuno: fratelli, figli, mariti e mogli. parenti di esponenti sia PdL che Lega, indistintamente. C’è un po’ di tutto nella “parentopoli” che prende corpo nelle stanze della Regione Piemonte, raccontata stamane da Tommaso Labate de Il Riformista: “La figlia del capogruppo che lavora col presdiente, la moglie dell’assessore assunta alle dipendenze di un altro assessore, la sorella di un onorevole che ha un contratto col gruppo consiliare“. Gli organigrammi consiliari sembrano davvero un gigantesco stato di famiglia. Ed è divertente scorrere l’elenco dei fortunati familiari dei politici eletti in Piemonte assunti con contratti a tempo determinato, contratti di collaborazione e consulenze.

I PARENTI DEGLI AMICI – C’è Michela Carossa, figlia del capogruppo della Lega Mario, che lavora nella segreteria del governatore Roberto Cota, come “addetto collaboratore dell’ufficio comunicazione“. C’è Paola Ambrogio, moglie dell’assessore all’Ambiente Roberto Ravello, che lavora alla segreteria dell’assessore regionale ai Trasporti William Casoni, dove svolge “attività di direttiva istruttoria complessa a supporto dell’assessore nelle materie delegate“. Piazzata pure Maria Cristina Toselli, sorella del consigliere regionale Francesco, lavora al gruppo del Popolo delle Libertà. Una delle sue colleghe è Daniela Rasello, figlia del consigliere regionale Rosanna Costa. Con loro siede in scrivania anche Giovanna Armosino, sorella di Maria Teresa, presidente della provincia di Asti, e deputata nazionale per il partito berlusconiano.

FAMIGLIE INTERE IN REGIONE – In Regione c’è pure Sabrina Giovine, sorella del capogruppo dei Pensionati con Cota, Michele, che lavora a stretto contatto col suo familiare. Anche il gruppo degli ambientalisti di centrodestra, i Verdi Verdi, ha avuto la stessa idea. A lavorare in regione ha piazzato i parenti del leader nazionale Maurizio Lupi (omonimo del più noto parlamentare PdL): la moglie Lorella, la figlia Sara, i fratelli Alberto e Alessandro. Ci sono anche le famiglie non imparentate coi politici ma adeguatamente accontentate. Sorprendente la cura con cui è stato affidato un incarico a due coniugi: Giuseppe Cortese e Isabella Arnoldi. Il primo è responsabile dell’Ufficio comunicazione di Cota, la seconda è responsabile dell’Ufficio comunicazione di Massimo Giordano, braccio destro del governatore e Assessore allo Sviluppo Economico. Coincidenze?

fonte:http://www.giornalettismo.com/archives/80540/piemonte-cota-parentopoli-regione/

Casoni contro i centri commerciali

Comincia col botto l’assessorato del cuneese William Casoni.

Lunedì scorso (26 aprile), con una delibera della giunta regionale presentata proprio dal neo-assessore al commercio, sono state revocate le precedenti autorizzazioni per nuovi centri commerciali nel territorio piemontese.

Il provvedimento dell’assessore Casoni revoca due delibere preesistenti, una della giunta Ghigo e una della giunta Bresso, che regolavano le autorizzazioni per la costruzione e l’ampliamento dei centri commerciali. In particolar modo la delibera della giunta Bresso (datata marzo 2009) che autorizzava ampliamenti delle strutture anche oltre il limite consentito dalla legge, a patto di eseguire alcune installazioni ecocompatibili, è stata revocata e verrà sostituita nei prossimi tempi con una più efficace regolamentazione.

I centri commerciali che rischiano il blocco delle autorizzazioni a costruzione e/o ampliamento sono otto, tra cui uno ad Alba. Nei prossimi giorni saranno presi in considerazione i singoli casi da parte dell’ufficio regionale dell’assessorato e si saprà se queste strutture saranno effettivamente bloccate oppure no.

“L’eccessiva proliferazione di grandi centri commerciali negli ultimi anni – commenta Casoni – ha segnato con profonda negatività il piccolo commercio e la vita sociale dei centri storici in tutto il Piemonte, dalle grandi località fino nei più piccoli paesi delle nostre province”. Effettivamente negli ultimi tempi si è verificata una moltiplicazione dei centri commerciali nelle nostre zone senza precedenti, con strutture a poche centinaia di metri l’uno dall’altro (ad esempio nella zona dell’albese i centri commerciali Conad, Bennet e BigStore) e i piccoli negozi che vedono diminuire sempre più i propri guadagni.

Preoccupati però i rappresentanti delle grandi distrubuzioni, che vedono in questo provvedimento un “congelamento” alle possibilità di nuovi posti di lavoro che porterebbero i centri commerciali.

Da una parte quindi si favoriscono i piccoli negozi, dall’altra si negano nuovi posti di lavoro, contrariamente a ciò che prometteva Cota in campagna elettorale: “Varo nei primi 60 giorni, di un piano straordinario per la difesa e la creazione di lavoro“.  Come sempre se si cerca di avere la botte piena e la moglie ubriaca, si finisce per non ottenere nulla.